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Lo stato sociale della pizza bruta

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Lo stato sociale della pizza bruta

Lui la chiama così e io nello stesso modo: la pizza bruta.

E le ragioni brute sono molteplici ma sicuramente si deve partire dal presupposto che se la pizza è bruta la condizione deve essere bruta a sua volta, sennò non vale.

Che, ad esempio, una pizza spennellata d’ingredienti da dispensa perché il frigo è vuoto, una situazione ‘bruta’ in partenza c’è l’ha.

Lo stato sociale della pizza bruta

Nel nostro caso poi, le motivazioni più o meno valide sono state in numero di due e brute tutte e due.

La prima: che ad esempio venerdi pomeriggio ci è piaciuto particolarmente l’abbrutimento del sali e scendi su di un’altalena così adatta all’infanzia avanzata e alla regressione adulta, che così siamo rimasti tutto il tempo a nostra disposizione.

La seconda: che proprio l’aver impiegato tutto il tempo a nostra disposizione a salire e scendere dalle nuvole ci ha fatto perdere di vista il tempo della corsa in un supermercato qualunque, se non altro per una mozzarella filante e per la certezza di una pizza margherita, nota ai più, rispetto a quella bruta nota solo a noi e ai bruti in genere.

A questo poi si aggiunge il fatto che io e lui ‘fatti fummo per viver come bruti’ e soprattutto quando scappiamo dalla città e saliamo in macchina così, nature e d’emblée, come ci ritroviamo al momento.

Lo stato sociale della pizza bruta

Come l’ultima volta, che tale era la fretta, che lo sceriffo se lo ricorda ancora come ero ‘professionale’ in ciabatte di pelliccia, macchinetta al collo e kitchenaid a spalla a mo’ di borsa. Mia madre invece non  ci crede ancora: “Passi per le ciabatte di pelliccia in strada, ma indossare un’impastatrice come tracolla!” – mi ha detto.

E in effetti, diciamo pure che, sceriffo a parte, in una tal guisa e sul ciglio della strada l’unico uomo in grado di riconoscermi non poteva che essere quello che ho sposato: “Sai sempre come attirare la mia attenzione… e quella degli altri” – mi ha detto compiaciuto per la mia essenzialità… brutale.

A questo punto montata in macchina, ho fatto quello che faccio sempre e cioè il punto della situazione: c’era lui al volante, io comoda, già in ciabatte, le gatte Ada e Clara, il cane Vanda sul sedile posteriore e il lievito madre tra i cd di Vinicio Capossela e Tonino Carotone che di ‘sana brutalità’ ne hanno raccontato sicuramente più di me.

Lo stato sociale della pizza bruta

Ecco, in questi casi mi faccio bastare quello che ho, perché tanto al resto ci pensa la dispensa di campagna che è sempre più piena del frigo di campagna e quello di città messi insieme: e infatti c’è sempre una conserva di pomodoro, un barattolo di alici sott’olio e uno di olive taggiasche sotto sale. Origano secco e aglio a coscienza e brutalità vostra.

Ecco questa è la pizza bruta: lui la chiama così e io nello stesso modo.

Ricetta Pizza Bruta come la chiamiamo noi ‘bruti’ russiLo stato sociale della pizza bruta

Ingredienti (per una teglia da cm 35×40)

Per l’impasto:

  • 35 gr di licoli rinfrescato;
  • 250 gr di farina Buratto (più un po’ per le piegature);
  • 200 gr di acqua tiepida;
  • 10 gr di olio evo;
  • 5 gr di sale (io quello integrale).

Per il condimento:

  • 250 gr di passata di pomodorini,
  • origano secco e sale qb;
  • 3 spicchio d’aglio tritato;
  • una manciata di olive taggiasche
  • 4 filetti d’acciuga, olio evo qb.

Procedimento:

  • Sciogliere nella planetaria il licoli nell’acqua.
  • Versare la farina e lavorare l’impasto con il gancio non troppo a lungo.
  • Non appena l’impasto sarà amalgamato, anche se ancora appiccicoso, aggiungere sale e olio.
  • A questo punto prendere ad impastare ad una velocità più alta finché l’impasto non risulterà ben amalgamato.
  • Lasciar lievitare per 1h in un luogo asciutto e al riparo delle correnti.
  • Dopo questo tempo, l’impasto risulterà aumentato di volume e la consistenza sarà ancora appiccicosa.
  • Sul un tagliere, ben infarinato, rovesciare l’impasto e, con l’aiuto di un tarocco, cominciare l’operazione delle piegature.
  • Durante questa operazione aggiungere farina ogni volta che la superficie dell’impasto risulterà umida al tatto.
  • Tra una piegatura e l’altra (almeno tre in genere) lasciar trascorrere 10’ di riposo fino a raggiungere una consistenza più spessa e soda. A questo punto collocare l’impasto in una ciotola, spennellare sulla superficie l’olio evo, coprire con un telo pulito e lasciar lievitare dalle 3 alle 6h, fino al momento di infornare.
  • Almeno 1h prima di infornare, accendere il forno alla massima temperatura.
  • Stendere l’impasto in una teglia rivestita di carta da forno e ben oliata.
  • Fare attenzione, in questa fase, a non strappare l’impasto: per tirarlo bene, infatti sarà necessario ungere le mani e la superficie della pasta.
  • A questo punto condire con tutti gli altri ingredienti, lasciar riposare altri 30’ e infornare.
  • Dopo circa 10-15’ max, non appena la pizza risulterà ben dorata, sfornare e porzionare con una rotella taglia pasta.

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